Parco Grotte del Caglieron – Guida all’Esplorazione Multisensoriale

INTRODUZIONE

Benvenute e benvenuti al Parco Grotte del Caglieron! Ma di cosa tratta esattamente questa guida multisensoriale? Realizzata in collaborazione con Village for all - V4A®, la guida è opera de La Girobussola APS, associazione che dal 2013 realizza esperienze di viaggio e inclusione che siano fruibili senza l’uso della vista. Questo format nasce come tentativo di coniugare le sfide dell’accessibilità di un sito naturalistico con un’esplorazione il più possibile autonoma. L’esperienza in natura è forse una delle più coinvolgenti da un punto di vista sensoriale. Sono tanti e variegati gli stimoli che ci raggiungono e attraversano: tutti ci dicono qualcosa, ma non sempre è possibile prestare la dovuta attenzione e raccogliere le preziose informazioni che ci offrono. In questa guida, accompagneremo il visitatore passo dopo passo nel percorso ad anello che inizia dal centro visite passando per le grotte, la forra e persino un mulino. I paragrafi sono numerati da uno a otto e corrispondono ad otto simboli, diversi fra loro, presenti sulla mappa tattile del percorso; la mappa è sempre reperibile al centro visite, e i simboli sono descritti nella guida alla lettura tattile. Nei paragrafi saranno descritti gli ambienti che attraverseremo e una varietà di stimoli caratteristici degli stessi, da provare in loco sulla propria pelle, in solitaria o in compagnia. Alcune indicazioni sono variabili rispetto alla stagione e alle condizioni meteorologiche, e la guida in questo senso non ha pretese di completezza. Ogni visita è unica e irripetibile, e quello che ci proponiamo di fare non è un compendio definitivo sulle Grotte: speriamo piuttosto di fornire uno strumento in più per godere di questo luogo eccezionale e raccogliere con consapevolezza le tante informazioni che il mondo naturale ci regala. Buona esplorazione!

1. DAL CENTRO VISITE ALL’ARCO IN PIETRA

Partendo dal centro visite e incamminandoci lungo il sentiero, avvertiamo una forte pendenza discendente in direzione del torrente Caglieron che scorre più in basso, in un letto stretto e profondo. Dopo un attraversamento pedonale, in questo punto inizia un percorso protetto che costeggia la strada carrabile, di poco rialzato rispetto al livello del torrente. Incrociamo un ruscelletto stagionale, che sgorga alla nostra sinistra da una feritoia artificiale in una briglia, una sorta di piccola diga in cemento. Dopo poco, sulla destra attraversiamo il fiume su un ponticello di legno raggiungendo l’altra sponda, notevolmente più umida e buia perché vicina alla parete rocciosa. Se c’è il sole e poco traffico, questo è un punto ideale in cui fermarsi ad apprezzare i suoni e gli odori, adesso che ci siamo allontanati dalla strada. Sotto i piedi sentiamo la ghiaia del sentiero e cominciamo a scendere costeggiando il torrente a sinistra e la montagna a destra; in questo tratto di percorso, la montagna presenta una parete di marna, una sabbia molto fine e compatta, che è una delle rocce caratteristiche di questa zona e che incontreremo in svariate forme lungo il cammino. Qui, dove è relativamente asciutta, sfiorandola con le dita possiamo sentirla sgretolarsi o addirittura, se ha piovuto, apprezzarne la consistenza viscosa. Un probabile brusio ci allerterà della presenza della biglietteria, dove comincia il percorso vero e proprio: poco a sinistra c’è una nicchia scolpita in pietra arenaria dedicata a Sant’Antonio Abate, che è raffigurato da anziano con un maialino ai suoi piedi. Un’ulteriore discesa, attraversata da canaline di scolo, che fanno defluire l’acqua piovana verso il torrente, ci porta sotto uno degli archi in pietra che sorreggono la strada, quella che prima costeggiavamo e che ormai è sopra le nostre teste. Il riverbero vagamente metallico ci indica che non è molto alto, ma abbastanza ampio. Attraversiamo un cancello di legno e siamo quasi arrivati alla prima grotta.

2. GROTTE DEI BREDA E GROTTA DI SAN LUCIO

Alla nostra sinistra troviamo una staccionata che ci aiuterà a scendere una discesa ripida, tagliata trasversalmente da altre tre canaline di scolo, che permettono al terreno di non franare. In corrispondenza della terza canalina sulla destra troviamo una roccia affiorante che incombe su di noi nella parte più alta; si tratta di un’arenaria di colore rossiccio. Anche l’arenaria è una roccia sedimentaria, formata da sabbia compattata, e quindi altamente friabile: è per questo che il torrente è riuscito a scavarla nel tempo. Se avete un bastone, potete usarlo per toccarne la forma. Improvvisamente si avverte un notevole abbassamento di temperatura. Ci troviamo nello slargo antistante la Grotta dei Breda, alla nostra destra. Entriamo e sentiamo che la temperatura si abbassa ulteriormente, nonostante l’apertura della grotta sia molto ampia. Qui possiamo parlare ad alta voce o lanciare un sassolino per sentire il riverbero dello spazio; il suono cambia dall’entrata al fondo alla grotta… Provate! Vi state chiedendo perché in questa grotta il riverbero è così notevole? La risposta si trova nella forma di questa struttura. Si può immaginare come un vuoto a forma di cono, steso in orizzontale con la punta rivolta leggermente in alto. La zona in cui entriamo è la base del cono, quindi parlando il suono viene amplificato e riflesso dalle pareti che si stringono verso il fondo. Dopo pochi passi all’interno arriviamo ad una biforcazione: una zona pianeggiante sulla sinistra e una rampa in salita sulla destra. Andiamo prima verso la zona pianeggiante. Qui si trova una piccola spiaggetta davanti ad un ruscello alimentato dall’alto da un'infiltrazione, con un suono che ricorda quello di una doccia e può quindi avere un effetto rilassante. Facendo attenzione al pavimento scivoloso, dovuto alla sottigliezza della sabbia bagnata, torniamo indietro verso l’entrata e imbocchiamo la rampa leggermente in salita. Sulla parte destra, possiamo toccare la parete della grotta: sfiorando i solchi regolari, capiamo che non hanno origine geologica, sono bensì incisioni di opera umana con l'ausilio di diversi strumenti. Infatti, queste grotte hanno origine artificiale e sono state scavate proprio con l’obiettivo di estrarre materiale da costruzione per le abitazioni limitrofe, grazie alle stesse qualità dell’arenaria che hanno permesso al fiume di farsi spazio. Ritroviamo evidenze di questo intervento umano anche dall’altro lato della grotta, in corrispondenza del ruscelletto: qui troviamo delle colonne di roccia, poste in diagonale a sostegno della grotta. Seguiamo il suono dell’acqua, e troveremo una colonna nei pressi. Possiamo abbracciarla e sentire come sia artificialmente squadrata; facendo attenzione, possiamo anche immergere una mano o il nostro bastone in acqua che in questo punto è molto fredda e limpida. Usciamo ora dalla grotta e andiamo dritto, tagliando perpendicolarmente il sentiero sul quale ci trovavamo. Qui troviamo un altro ponticello in legno che ci permette di riattraversare il fiume per raggiungere la Grotta di San Lucio, anche chiamata la “grotta del formaggio” perché viene usata come luogo di stagionatura dei formaggi locali. In alcuni periodi dell’anno è aperta e visitabile; qui spiccano gli odori umidi del formaggio in grotta, così come quelli dolci della vegetazione circostante, ad esempio dei grandi e profumati fiori della Buddleia, che da primavera a tarda estate possiamo sentire vicino al ponte: sono disposti a forma di pannocchia ma molto più morbidi e di colore viola. Riattraversiamo il ponticello e svoltiamo a sinistra per immetterci nel sentiero iniziale

3. BALCONE E INGRESSO ALLA FORRA

Allontanandoci dalla grotta lungo il sentiero - e quindi con il torrente sempre alla nostra sinistra - dopo poco ci troviamo su una passerella in legno. Se ne seguiamo il corrimano destro, presto raggiungeremo uno slargo che ci porta ulteriormente verso destra e finisce a “punta”, come la prua di una barca: anche qui ci troviamo infatti proiettati sulle acque, ma in maniera un po’ diversa! Siamo in un punto panoramico sospeso sulla forra sottostante, ovvero una profonda gola scavata nell’arenaria dal torrente, strutturata in una serie di balzi e vasche. Possiamo soffermarci un po’ su questo complesso panorama, contando e localizzando le varie cascatelle che ci circondano, misurandone l’altezza e ascoltando quando atterrano sull’acqua o sulla pietra. Non solo la luce, ma tutto questo complesso mondo sonoro ci avverte della progressiva chiusura dello spazio intorno a noi: stiamo scendendo nella forra, percepiamo le pareti di roccia che si innalzano, e probabilmente sentiamo anche le voci di altri visitatori provenire dal basso, più avanti nel percorso. Proseguiamo anche noi, seguendo la passerella e percorrendo prima alcuni scalini e poi una rampa per scendere di quota. L’umidità comincia a farsi penetrante e aderisce alla pelle, che non riceve più luce diretta. Entriamo gradualmente nella roccia, che avvertiamo ora sopra di noi come una bassa volta. Se siamo in solitaria, prestiamo attenzione ai gradini: ce ne sono ancora due una volta finita la ringhiera! Ci troviamo di nuovo in una struttura di origine umana, segnalataci, come prima, da alcuni pilastri di arenaria che - quasi come gli archi rampanti di una cattedrale - sorreggono il grande vano, attraversandolo in diagonale. Questa volta siamo però circondati dall’acqua e l’umidità è qui pervasiva nell’ambiente, modificando lo spazio intorno a noi. Appena scesi dalle scale giriamo a sinistra, stando attenti a non imboccare una rampa scoscesa e pietrosa in salita, bensì seguendo una leggera pendenza verso il basso sulla destra, vicina alla roccia. Arriveremo alla parete in marna che indica la fine degli scavi e che ora, rigata dall’acqua, appare soffice e luminescente, come pelle di mollusco: è dura e bagnata al tatto ma anche morbida e ondulata nelle forme levigate. Qui non possiamo procedere e dobbiamo tornare indietro; quindi, risaliamo mantenendo la parete della grotta sulla nostra sinistra, seguendola con le mani all’altezza del volto per non rischiare di colpirla, dato che si abbassa un po’! Qui siamo in salita, quindi possiamo farci guidare dall’aria che penetra e, in alcuni giorni dell’anno, anche dal sole sulla pelle. Superiamo il punto da cui siamo arrivati con la passerella e ricominciamo a scendere con molta cautela. Non è solo il terreno sconnesso, con tanto di gradone, a toglierci l’equilibrio: lo strato superiore del suolo di marna è bagnato e molto scivoloso, man mano che l’acqua scioglie la finissima sabbia di cui è composto. Siamo ormai quasi arrivati al fondo della forra e la pietra lascia spazio a una timida vegetazione. Se tocchiamo la volta della grotta sulla nostra sinistra, poco prima che finisca la discesa, sentiamo piccole protuberanze fredde e smussate, ricoperte da un sottile strato di muschio: sono i segni lasciati dalle picconate degli scavi che, tanti anni dopo, cominciano a riprendere le forme della natura.

4. LA FORRA

Continuiamo a scendere e dopo pochi passi raggiungiamo un pontile in legno che piega verso sinistra ad angolo retto; proprio qui, nell’angolo, si trova un balconcino al quale possiamo affacciarci e sentire il rumore intenso della cascata proprio di fronte a noi. Proseguiamo lungo il pontile che si snoda in discesa, prima verso destra e poi verso sinistra, attraversando il torrente; qui ci troviamo su una pozza con cascate da entrambi i lati, che non solo ci avvolgono con il loro suono ma abbassano anche notevolmente la temperatura. Continuando a scendere, troviamo una strettoia con una grande parete rocciosa liscia e levigata alla nostra destra dalla quale gocciola acqua in diversi punti… Sembra che piova! In questo punto del percorso il pontile in legno è sempre bagnato, quindi camminiamo facendo attenzione per non scivolare. Nell’aria possiamo sentire un odore inebriante di muschio e di vegetazione bagnata, che pende come liane dalle pareti della forra. Procediamo lungo il percorso che pian piano si allarga nuovamente e presenta delle formazioni calcaree verticali molto interessanti sulla parete rocciosa sempre alla nostra destra. Si tratta di strati di calcite, una roccia solida e resistente all’effetto erosivo dell’acqua, che quindi si scioglie più lentamente rispetto ai più frequenti argilla e limo. Queste formazioni si trovano qui lungo l’intera parete rocciosa e possiamo toccarle: al tatto risultano lisce e fredde, ci sembrerà di toccare del marmo! Poco prima dell’uscita dalla forra, prestiamo attenzione ad una roccia sporgente proprio all’altezza del viso. Superata questa torniamo all’aria aperta e ad una temperatura sensibilmente maggiore. Da questo punto in poi, alla nostra sinistra si trova un corrimano di metallo che costeggia il sentiero. Dopo poco, si allarga per formare un altro balconcino dal quale affacciarci su un laghetto creato dal torrente. Lo spazio aperto circostante permette un’acustica decisamente diversa rispetto a quella della forra, con il suono che si perde nell’aria e viene assorbito dalla vegetazione. Continuando il percorso in discesa, troviamo alla nostra destra un’area estesa in cui cresce rigoglioso il Capelvenere, appoggiato alla parete rocciosa; si tratta di una pianta della famiglia delle felci, caratterizzata da piccole foglie tonde disposte a grappoli. Proviamo a toccarla… non è urticante!

5. USCENDO DALLA FORRA

Se è una bella giornata, torneremo in questo punto fra i raggi del sole: siamo infatti rivolti a sud-ovest e, camminando per alcuni metri lungo il percorso, arriviamo ad una scalinata a lunga pedata, fatta di grandi ciottoli di fiume lisci e tondeggianti. Dopo poco raggiungeremo un’altra scala, questa volta in legno e con corrimano su entrambi i lati, che fa una curva a gomito a sinistra. In questo punto sentiamo scorrere dell’acqua alla nostra destra. Eppure, il torrente scorre alla nostra sinistra... come è possibile? È il suono di una canaletta artificiale che costeggia il sentiero, costruita per alimentare un mulino e che qui si apre in una piccola cascata! Arrivati in fondo alla scala il sentiero si biforca: a sinistra possiamo proseguire solo per alcuni metri prima di incontrare una staccionata, ma anche qui possiamo sentire l’acqua fra le rocce perché ci troviamo proprio di fronte all’uscita della forra. A destra invece possiamo proseguire su un lungo tratto pianeggiante, facendo attenzione ad alcuni faretti di illuminazione, posti ad altezza ginocchio vicino al corrimano sinistro. Dalla nostra destra potrebbe arrivare un brusio di persone che chiacchierano e un buon profumo di cibo: si trova qui un ristorante in un vecchio mulino del ‘500, la cui grande ruota in legno è ferma e ormai ricoperta di muschio verde. Restiamo sul sentiero e raggiungiamo un cancelletto in legno, di solito sempre aperto, che attraversiamo per arrivare ad un grande slargo. In questo punto troviamo un altro bivio: a destra, lungo una strada asfaltata, continua il percorso ma andiamo prima a sinistra, seguendo il rumore dell’acqua.

6. MULINETTO DEL CAGLIERON

Percorriamo una discesa con pavimentazione ghiaiosa, ripida ma piuttosto larga, fino ad arrivare ad un altro punto pianeggiante. Qui si trova il Mulinetto del Caglieron, un piccolo mulino sul fiume, costruito con grandi blocchi di pietra. La porta è sempre aperta e possiamo entrare a curiosare un po’. Si tratta di un unico ambiente, non molto grande e soppalcato. Veniamo subito colpiti da un suono particolare: un ipnotico cigolio che oscilla fra l’acuto e il grave, sembra quasi un asino che raglia. Si tratta del pennone, il perno su cui gira la ruota, alimentata dallo scorrere dell’acqua. Si trova entrando a destra a un livello inferiore a quello del pavimento ma possiamo avvicinarci perché è protetto da una balaustra. Se tendiamo l’orecchio, sentiremo che l’acqua si abbatte non lontano da noi, e ben al di sopra del letto del torrente. Ricordate la canaletta che scorreva accanto a noi usciti dalla forra? È qui che scarica una sua gemella, facendo girare la ruota con la forza della caduta. La scelta di non usare la corrente del torrente per attivare direttamente il mulino è probabilmente dovuta alle variazioni stagionali della sua portata, mentre canalizzare l’acqua a monte per generare una cascatella è un ottimo modo per far lavorare il mulino in tutte le stagioni. Se abbiamo un bastone possiamo provare a toccare delicatamente il pennone, in modo da percepire il lento e costante movimento della ruota! Ma attenzione! È importante procedere con cautela perché il bastone potrebbe incastrarsi negli ingranaggi del mulino e spezzarsi.

7. IL LAVATOIO DEI BREDA

Usciamo dal mulino e ripercorriamo la stessa strada, questa volta in salita, per tornare allo slargo. Ora imbocchiamo la strada asfaltata, lasciandoci indietro il chiacchiericcio del ristorante e mantenendo alta l’attenzione per eventuali macchine di passaggio, con cui per questo breve tratto condividiamo il cammino. Arrivati ad uno stretto tornante, lasciamo la strada per imboccare un sentiero pedonale protetto in salita girando a destra. Qui è più complesso mantenere l’equilibrio perché sotto ai piedi sentiamo delle grandi pietre sconnesse e mobili, che a volte si aprono in piccole buche. Anche questo è un effetto indiretto dell’erosione delle rocce locali: quando piove molto, l’acqua crea un piccolo torrente e porta via letteralmente la terra da sotto i nostri piedi, ridisegnando il suolo e spostando le pietre più dure. Sul versante del monte, alla nostra sinistra, troviamo un sottobosco fatto di rovi, lunarie, denti di leone: ognuna di queste piante emana profumi diversi e ci dona sensazioni specifiche in alcuni momenti dell’anno, che sia la delicata carta velina dei frutti autunnali della lunaria (dette anche “monete del Papa”) o il prurito sul naso dei peli del soffione in primavera. Questo piccolo ecosistema ci ricorda quanto tutto intorno a noi sia vivo e in costante cambiamento; in alcune stagioni, ci regala anche dei piaceri commestibili, come nel caso delle more e delle foglie di tarassaco! Continuando a salire, raggiungiamo una zona pianeggiante che sentiamo erbosa sotto i piedi. Qui troviamo due panchine e un piccolo casotto in legno, ma anche una lieve biforcazione del sentiero. A destra è possibile proseguire ma a sinistra, seguendo il suono di voci ed acqua, raggiungiamo un parapetto. È questo un altro punto in cui affacciarci sulla forra, il cosiddetto Lavatoio dei Breda, e gli scrosci che sentiamo sono proprio le cascate incontrate poco dopo la prima grotta. Siamo infatti a qualche decina di metri di distanza in linea d’aria dal punto panoramico a forma di “prua” sulla passerella e, probabilmente, sentiremo le voci di nuovi visitatori che si stanno addentrando nella forra, proprio come abbiamo fatto noi poco fa. Torniamo indietro fino al bivio e giriamo a sinistra per riprendere il percorso, passando accanto ad alcune arnie che, a distanza di sicurezza oltre la staccionata, sentiremo nei mesi caldi ronzare di attività. Una leggera apertura dello spazio a destra ci segnala la presenza di un piccolo borgo interamente costruito con blocchi di pietra, lo stesso tipo di costruzione del mulino. Questo è il Borgo dello Scalpellino, che non è al momento visitabile; proseguiamo quindi lungo il sentiero che torna a salire su un manto di pietrisco sconnesso, per poi imboccare una ripida rampa in cemento che ci riporta al livello della strada da cui è iniziato il nostro cammino.

8. GROTTA DI S. BARBARA

Prima di rientrare al centro visite, ci aspetta un’ultima tappa. Spostiamoci un po’ verso destra in uno slargo non carrabile e poi attraversiamo la strada con cautela, salendo su una ripida rampetta d’asfalto; troveremo qui un sentiero sterrato da percorrere con cautela in discesa, e che dopo pochi metri ci porterà sotto l’ampia volta della grotta di Santa Barbara. Se la prima grotta (quella dei Breda) poteva essere immaginata come un cono che si apriva nella roccia con la punta rivolta in alto, anche qui abbiamo una forma simile ma questa volta la punta è rivolta in basso. Man mano che scendiamo, quindi, andiamo in profondità nella roccia e l’odore di umidità si rivela più stantio, quasi come quello di una cantina. A sinistra, una scarpata di pietre intagliate si apre ancora una volta sui grandi archi artificiali, intagliati nella pietra, che sostengono la grotta; sulla destra invece il sentiero segue da vicino la parete che possiamo seguire con le dita scendendo, simile alle altre eppure ancora diversa: la grotta è più profonda, ma anche più direttamente esposta al sole. Verso il fondo, mentre la compatta marna su cui camminiamo comincia ad appianarsi, potremmo imbatterci in alcuni cavi elettrici (fortunatamente isolati!) che attraversano il muro. Questa improvvisa incursione della contemporaneità ci segnala che la grotta ha una funzione del tutto attuale: è in questo suggestivo contesto che vengono svolti concerti, eventi e incontri. Infatti, se raggiungiamo il fondo della grotta, troviamo un telo usato per le proiezioni a coprire la parete di roccia; e se ci giriamo verso l’ingresso, possiamo immaginarci oratori, improvvisando un piccolo intervento ad alta voce, assaporandone il riverbero che si apre e poi disperde andando verso la voragine d’ingresso. In quella direzione, seguendo l’aria e la luce che pure ci arrivano dall’esterno, non ci resta che risalire. Un altro breve tratto di sentiero protetto (prima sul lato destro poi, dopo un attraversamento, su quello sinistro) lungo la strada carrabile ci fa risalire il torrente Caglieron. Ritorniamo per un breve tratto sui nostri passi superando il primo ponte di legno incontrato all’inizio del percorso e che ci riporta al centro visite. Qui possiamo assaporare un’altra dimensione del territorio: quella della presenza e dell’attività umana che ancora lo caratterizza. I formaggi stagionati in grotta e i salumi locali; il Prosecco coltivato qualche chilometro più a valle negli sterminati vigneti pedemontani di Vittorio Veneto; il vino passito Torchiato che si produce in zona fin dal 1500; e, infine, una delle esperienze più stimolanti per i sensi e per la mente: l'incontro con le persone del luogo. Realizzato nell’ambito del progetto E20.IT - Eventi inclusivi e turistici finanziato dalla Regione Veneto con risorse statali del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali.